Ieri cadeva il ventiquattresimo anniversario della scomparsa di Clelia Caligiuri (4 aprile 1996).
Con una cerimonia svoltasi nel pomeriggio di sabato 8 febbraio, la piazzetta antistante la scuola primaria di Piavon è stata intitolata alla memoria della maestra Clelia Caligiuri.
In questo modo la città di Oderzo ha finalmente voluto dare un riconoscimento ad una sua cittadina esemplare, vissuta a Piavon tra gli anni ’20 e gli anni ’40 del secolo scorso, prima donna italiana conferita del titolo di “Giusta per le Nazioni” per aver salvato la vita ad un’ebrea croata durante il secondo conflitto mondiale. Alla cerimonia hanno partecipato circa duecentocinquanta persone tra i quali gli alunni della scuola con le loro maestre e i rappresentanti di alcune associazioni combattentistiche, visto che nell’occasione è stato anche “battezzato” il monumento ai caduti di Piavon, recentemente ristrutturato.
Ospite d’onore le due figlie della maestra, Lucia e Rosaria De Gregorio le quali, invitate dal sindaco Maria Scardellato, hanno svelato la targa che ora sancisce l’intitolazione della piazza alla loro madre ringraziando, visibilmente emozionate, le tante persone del paese che le furono di conforto nei momenti difficili.
Per loro è stata l’occasione per rivedere alcuni anziane del paese che da piccole ebbero a che fare con la madre rimanendo poi in contatto con lei; donne che a loro modo hanno contribuito a mandare in porto questa cerimonia, stimolate dagli articoli pubblicati dal nostro giornale negli ultimi due anni, i quali hanno avuto un ruolo decisivo nel rinfrescare la memoria di una storia che nel corso dei decenni inevitabilmente stava svanendo. Proprio per questo motivo il direttore don Alessio Magoga e l’autore di questo articolo sono stati invitati ad intervenire: don Alessio, in particolare, ha ricordato come uno degli scopi di questo giornale sia proprio di “far conoscere le storie belle del nostro territorio” e, in questo caso particolare, di “sviluppare una cultura dell’accoglienza e del coraggio civile”.
Il sindaco ha preferito stralciare il discorso che si era preparata preferendo andare a braccio. «Non è facile essere un eroe» ha affermato rivolgendosi in particolare ai bambini presenti. «Clelia, mettendo a repentaglio la propria vita per salvare un’amica, lo è stata; ma prima ancora, quando viveva la sua vita normale con tutte le difficoltà dell’essere vedova con tre figli lontana da casa, metteva le proprie capacità e competenze a disposizione di tutti. Un’azione non certo eroica come quella che fece dopo, ma comunque importante e che può essere compiuta da ciascuno di noi».
L’inno nazionale, la lettura da parte dei bambini della lettera di un soldato che nel Natale 1942 citava Clelia, e la benedizione della lapide da parte dell’amministratore parrocchiale don Andrea Dal Cin hanno concluso una cerimonia sobria e molto sentita.
L’Azione, domenica 16 febbraio 2020