La curiosa contemporaneità dei Black Country, New Road

Quella dei Black Country, New Road è una storia da raccontare, anche perché rappresenta un concentrato di episodi assai poco probabili, se non impensabili, fino a pochissimi anni fa. Si tratta di un collettivo di giovani e talentuosi musicisti inglesi (tra le quali Tyler Hide, figlia di Karl degli Underworld, la quale probabilmente non era ancora nata all’epoca di Born Slippy), che finisce la sua prima vita a inizio 2018 quando espelle il cantante, accusato di varie molestie sessuali, e cambia nome assumendo quello attuale.

I Nervous Conditions, ovvero la prima e breve vita del gruppo.

A subentrare come cantante e autore dei testi è il chitarrista Isaac Wood; il gruppo, in pieno clima pandemico, registra e quindi pubblica il primo album For The First Time a inizio 2021 e il secondo, Ants From Up There, ad un anno esatto di distanza; i due album, i concerti e le esibizioni dal vivo pubblicati su YouTube mostrano un Wood assai ispirato, carismatico ed inquieto, verosimile erede di personaggi come Ian Curtis (che non cito a caso, anche se la critica tende ad accostarlo ad altri grandi nomi del passato).

Epico.

Ma all’autodistruzione di certi grandi miti del rock Wood preferisce altro, per cui a inizio 2022 egli prende la felice decisione di ritirarsi dalle scene per curare la propria salute mentale.

Gli altri componenti, trovatisi per la seconda volta senza cantante e senza repertorio, dopo uno sbandamento iniziale e voci di scioglimento decidono di riordinare le idee e prima di Natale iniziano la loro terza vita con un bellissimo concerto alla Bush Hall di Londra che, oltre ad essere stato immortalato da un video su YouTube e un album, è diventato l’architrave di tutti i loro concerti del 2023, tra cui quello a cui ho partecipato a Villa Manin a Passariano (UD) lo scorso 16 luglio.

E fu così che i Joy Division diventarono New Order.

Vederli suonare sopra ad un palco come quello dove io facevo suonare i gruppi di inDipendenza Sonora ad un prezzo simbolico di 5 euro è stato un po’ straniante. Questo perché a mio parere, e non solo mio, si è trattato di un evento irripetibile essendo questi ragazzi destinati a calcare ben presto palcoscenici decisamente più importanti (sono comunque già stati a Glastonbury).

Auguro a tutti loro di non perdere mai quella bellissima attitudine da gruppetto del liceo che li caratterizza, e ad Isaac di liberarsi dei suoi demoni interiori…

…E chissà, prima o poi, di salire di nuovo su un palco con i suoi vecchi amici.

“The Chosen”, un’originale vita di Gesù

Era la vigilia di Natale del 2017 quando Dallas Jenkins, un regista evangelico statunitense, pubblicò su internet un cortometraggio che raccontava l’immaginaria visita di un pastore alla capanna di Betlemme. La sua idea era di produrre una serie TV di sette stagioni sulla vita di Cristo, non con i soldi (e le pressioni) di Hollywood, ma tramite crowdfunding: si tratta di un sistema, usato in genere da artisti di nicchia, per cui chiunque può finanziare con pochi euro la realizzazione di un album o di una pellicola in cambio di una ricompensa proporzionale a quanto ha donato.

In questo modo nel 2019 ha potuto debuttare la prima stagione di The Chosen, ovvero “Il prescelto”, e ad oggi la somma raccolta dalla produzione grazie alle donazioni dei telespettatori è vicina ai trenta milioni di dollari, la più alta di sempre raggiunta in questo modo da una serie TV.

The Chosen,per vari motivi, ha poco da spartire con le più famose riduzioni cinematografiche della vita di Cristo; la serie racconta numerosi episodi narrati nei vangeli incrociandoli con dei gustosi retroscena ed altri avvenimenti i quali, pur essendo frutto della fantasia degli sceneggiatori, sono pensati tenendo sempre a mente il messaggio evangelico: un esempio è il primo, immaginario, incontro tra Gesù e Maria di Magdala dell’episodio 1 che, forse non a caso, sembra richiamare l’incontro tra i due nel giardino del sepolcro la mattina di Pasqua.

Altra scelta significativa della produzione è quella di mettere in primo piano gli “attori non protagonisti” della storia: la Maddalena, gli apostoli, Nicodemo, la Samaritana al pozzo vengono ritratti nella loro umanità, mostrandone i limiti caratteriali, le ingenuità, l’entusiasmo e le aspettative nei confronti di questo Maestro speciale del quale faticano a capirne il pensiero e gli obbiettivi. Una scelta che di certo può aiutare lo spettatore ad identificarsi con loro, coerentemente con l’obbiettivo del regista di evangelizzare con un prodotto che possa appassionare il pubblico delle principali piattaforme di streaming cinematografico. I numeri gli stanno dando ragione: i venti episodi pubblicati finora hanno avuto 450 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo ed un voto medio di 9,3/10 secondo gli utenti di IMDb, il più noto sito internet di cinema.

The Chosen, come qualsiasi opera biografica, risente inevitabilmente della cultura di chi l’ha prodotta: in alcuni dettagli, e nello stile in cui viene promossa, si percepisce un modo di intendere il cristianesimo tipicamente statunitense. Ma per il resto rimane un progetto di valore anche ecumenico, essendo pensato da un gruppo di persone di varie confessioni cristiane: l’esempio più lampante è Jonathan Roumie, l’attore che interpreta Gesù, un ortodosso convertitosi al cattolicesimo in età adulta.

Un secolo fa, in parrocchia a Canale d’Agordo, il piccolo Albino Luciani guardava le diapositive a tema religioso: il suo parroco aveva un modo di catechizzare innovativo per l’epoca. Oggi, nell’epoca delle grandi serie TV, come si può fare a diffondere i contenuti del Vangelo? Semplice: con una grande serie TV su Gesù. Capiremo se The Chosen lo è solo a progetto concluso, ma nel frattempo il lettore può farsi un’idea propria guardando le prime due stagioni, più l’episodio del pastore ed uno speciale sulla Natività, collegandosi al sito internet www.angel.com o scaricando l’app “The Chosen – Angel Studios” nel proprio smartphone. La prima stagione da pochi giorni è disponibile anche su Netflix: l’unica, finora, doppiata in italiano (per la seconda ci sono i sottotitoli). La terza, in corso di pubblicazione, contiene l’episodio sulla moltiplicazione dei pani e dei pesci, al quale hanno partecipato come comparse dodicimila finanziatori della serie.

L’Azione, domenica 25 dicembre 2022

RIP Andy Fletcher

Il passaggio a miglior vita di Andy Fletcher è la scusa buona per vedere o rivedere questa spassosa ospitata dei Depeche Mode ad un programma di Mike Bongiorno nel 1983, e quindi notare quanto provinciale ed ingenua fosse la TV italiana dell’epoca, ed infine notare che la TV italiana dell’epoca sarà stata anche provinciale ed ingenua ma faceva esibire gruppi alternativi emergenti, mica faceva il talent show con le tribute band.

(Sì, ammetto che il titolo pecca un po’ di clickbaiting ma le cose belle è giusto che le leggano in tanti)

C’è un aggressore e un aggredito

Di fronte alle immagini che stanno arrivando negli ultimi giorni da Israele, immagini che mostrano inequivocabilmente che “c’è un aggressore ed un aggredito”, queste dovrebbero essere alcune contromosse degne di questo 2022:

  1. Interruzione di qualsiasi rapporto diplomatico e commerciale con Israele.
  2. Espulsione di Israele da qualsiasi competizione sportiva e canora possibile immaginabile.
  3. Interruzione immediata del Festival Biblico onde evitare qualsiasi tipo di polemica e strumentalizzazione.
  4. Sospensione immediata di qualsiasi lettura pubblica di testi di autori ebraici, sia pure il Cantico dei Cantici a messa, o al massimo affiancamento di tali testi a letture di autori palestinesi.
  5. Invito nei talk show di opinionisti antisionisti i quali, citando il libro di Giosuè o i Maccabei, mostrano l’antica ed evidente propensione del popolo ebraico alla violenza e all’annientamento dell’avversario.
  6. Ingresso immediato nella NATO di Libano, Siria, Giordania, Iraq, Iran, Egitto, Arabia Saudita e Cipro in quanto nazioni ad un tiro di schioppo dalle armi nucleari israeliane.
  7. Sostegno della resistenza palestinese, compresa quella apertamente di estrema destra, con armi e addestramento specializzato.

Andate avanti voi, io non ce la faccio più.

Ho sognato che vinceva la Le Pen

Ho sognato che la Le Pen vinceva le elezioni.
Già, ho avuto un incubo ucronico, una cosa tra The Man In The High Castle e “Sottomissione” di Michel Houellebecq, e in quest’incubo Marine Le Pen vinceva le elezioni presidenziali francesi del 2017.
E poi, cosa avviene? Le Pen comincia nazionalizzando i cantieri navali di Saint-Nazaire per evitare che finiscano in mani straniere (ovvero italiane). Quindi mette in atto un’arrogante politica di chiusura delle frontiere, impedendo ai migranti di attraversare le Alpi, ma questo non le impedisce di fare ipocritamente la morale al suo omologo nonché ammiratore italiano Salvini, colpevole di comportarsi allo stesso modo.
La vecchia destrorsa inoltre non perde occasione, dal vivo o in televisione, di offendere operai in sciopero o disoccupati che contestano le sue politiche neoliberiste; di tutta risposta le contestazioni aumentano e quindi, per tutelare la propria incolumità, Marine promuove a capo della sicurezza un discutibile personaggio, violento e vicino ad ambienti massonici; chiamata a giustificare tale scelta, se ne esce con un laconico “Non è il mio amante”.
La popolarità della presidentessa scende, e così si sviluppa in tutto il paese un grande movimento trasversale e confusionario, i cosiddetti “Gilet gialli”, che per settimane mette a ferro e fuoco Parigi venendo presto criminalizzato dai media; il governo risponde scatenando una pesante repressione poliziesca.
D’altronde, cosa ci si poteva aspettare dal Front National?

Paradossalmente, a rilanciare la popolarità della prima donna presidente della repubblica francese arriva un gruppo di giovani calciatori con una forte presenza di figli di immigrati, il quale vince i mondiali di calcio 2018 consentendole di strumentalizzarne le vittoriose gesta, altro vizietto tipicamente fascista (si veda Italia 1934 e Argentina 1978).
Nell’estate 2020, con un rimpasto di governo, la Le Pen sposta quindi ancora più a destra l’esecutivo, inserendovi, tra l’altro, un ministro accusato di stupro. Da qui in poi è tutta in discesa: nel giro di un anno il suo governo emana due leggi contro l’estremismo islamico che provocano lo sdegno del mondo arabo, il quale accusa la presidentessa di voler colpire l’islam in generale, più che i fondamentalisti; nonostante questo, o forse proprio per questo, dopo alcuni mesi lei conferisce la Legion d’Onore al presidente egiziano Al-Sisi, spingendo il nostro connazionale Corrado Augias a restituire polemicamente la propria.

E poi?
E poi prosegue le politiche neocolonialiste dei suoi predecessori in Africa, e poi lo stato francese viene condannato per non aver rispettato gli accordi di Parigi (firmati quindi in casa propria) sul cambiamento climatico; e poi esce pulita da uno scandalo di riciclaggio di denaro tramite consulenze private; e poi aumenta considerevolmente il proprio patrimonio personale pur continuando a dichiarare relativamente poco al fisco; e poi abolisce la cosiddetta “imposta di solidarietà sulla fortuna”, riducendo quindi le tasse ai ricchi. E poi spinge fortemente una legge che rende un crimine fotografare e filmare poliziotti in azione, e poi uno studente universitario si dà fuoco in segno di protesta, e poi, e poi, e poi…
…E poi mi sono svegliato ed ho tirato un sospiro di sollievo pensando al fatto che oggi la Francia è guidata da un presidente giovane, europeista e attento ai diritti civili come Emmanuel Macron.
Una Francia dove tutto questo sarebbe stato pura fantascienza.

Qatar sì, Russia no

“Ciao a tutti, siamo i calciatori polacchi e svedesi. Esprimiamo la nostra soddisfazione per il fatto che l’UEFA abbia accolto la nostra richiesta, togliendoci dall’imbarazzo di dover scendere in campo contro i nostri colleghi russi, i quali non hanno alcuna responsabilità riguardo a quanto sta accadendo in Ucraina, per uno spareggio che dovrebbe stabilire chi debba partecipare, in inverno e in mezzo al deserto, ad un campionato di calcio ottenuto a suon di mazzette da una casta di petrolieri senza alcuna cultura sportiva e con seimila operai morti sulla coscienza. Mettete like, grazie”.

Oderzo: quel che è emerso dalle amministrative

A seguito delle elezioni comunali dello scorso 3 e 4 ottobre, Maria Scardellato ha ottenuto la conferma a primo cittadino di Oderzo: si tratta della quinta vittoria leghista su sette tornate elettorali da quando è in vigore l’elezione diretta del sindaco. Una conferma ampiamente scontata, specie dopo la clamorosa esclusione, avvenuta a inizio settembre, delle liste in appoggio a tre candidati sindaco, dovuta com’è noto a delle irregolarità nella raccolta delle firme necessarie per presentare le suddette liste.

Ora, se non si può certamente rimproverare gli organi preposti per aver applicato la legge causando queste esclusioni, non altrettanto si può fare con i tre candidati sindaco coinvolti: nessuno dei tre, così come alcuni loro collaboratori, erano alla prima campagna elettorale. Ragion per cui difficilmente è perdonabile un errore di tale portata, causa di grande amarezza, quando non addirittura di rabbia, per i candidati che ambivano ad entrare in consiglio comunale, e per i loro sostenitori. Amarezza e rabbia che spiegano almeno in parte il deciso aumento delle schede nulle, passare dalle 225 di cinque anni fa alle 444 di quest’anno.

L’altra considerazione che bisogna fare sui candidati sindaco esclusi è questa: due su tre in passato sono stati in lista assieme ai loro attuali avversari, e lo stesso si può dire anche di alcuni candidati di peso in varie liste. Che messaggi impliciti trasmette tutto ciò all’elettorato? Semplice: i candidati sono sempre gli stessi e sono tutti uguali (altrimenti non riuscirebbero così facilmente a “cambiare casacca”). Due messaggi pericolosamente populisti che di certo non favoriscono una sana e democratica voglia di partecipare alla cosa pubblica, né con il voto né tantomeno con la politica attiva. E l’altra domanda che è necessario porsi ora è: quali di queste scissioni e cambi di casacche sono dovuti ad una disinteressata ricerca del bene dei cittadini e quanti piuttosto a personalismi dei protagonisti di tali mutamenti?

Sul fronte opposizioni, per la lista Oderzo Bene Comune e il Movimento 5 Stelle questa tornata elettorale è stata una Caporetto, nel senso che hanno perso la battaglia ma vinto la guerra. In una delle zone del Veneto in cui le sinistre godono di meno consensi, le due forze unite hanno perso circa il 15% dei voti rispetto alle amministrative 2016 quando si presentavano separate; ma alla fine hanno guadagnato tutti i cinque seggi che spettano alle minoranze, ovvero assai di più di quanto avrebbero potuto legittimamente sperare fino a inizio settembre. Ora si apprestano quindi a formare un’opposizione unita come forse mai prima d’ora, almeno sulla carta. Da segnalare in particolare l’ottimo risultato di Chiara Fiorin: la ventiseienne astrofisica, con un passato di animatrice in parrocchia, è stata la terza nelle liste di opposizione ad ottenere più preferenze dietro a due soggetti navigati come Princivalli e Martin, e sarà la persona più giovane a sedere in consiglio comunale. Un risultato notevole anche tenendo conto di un aspetto curioso: Fiorin è completamente assente dai social network.

In conclusione, il quadro generale che emerge dopo la chiusura dei seggi è piuttosto deprimente: il 44,15% di affluenza, contro il 70% di dieci anni fa e l’81% del 2001, pur seguendo l’andazzo nazionale e il progressivo disinteresse dei cittadini nei confronti della politica, pone infatti un serio problema di rappresentatività per la nuova amministrazione e l’intero consiglio comunale. Al netto delle tante schede nulle infatti la percentuale di elettorato che ha espresso un voto valido scende ad un penoso 40,73% e la Scardellato, pur avendo ottenuto una netta vittoria, si troverà a governare pur non essendo stata votata da circa il 71% degli elettori.

L’auspicio è che ora maggioranza ed opposizione, e tutti i cittadini a cui stanno a cuore la democrazia e la politica autentica, riflettano seriamente su questi numeri preoccupanti e si adoperino in ogni modo per favorire una netta inversione di tendenza già alle amministrative del 2026.

L’Azione, domenica 31 ottobre 2021