Pandemia covid-19: una testimonianza da New York

Il presidente Trump e Athony Fauci (il secondo da sinistra con gli occhiali) visitano il National Institute of Health il 3 marzo 2020. Foto di pubblico dominio

Rosita Ziroldo è una musicista, conosciuta con il nome d’arte di Rosita Kess, originaria di Oderzo e che da tredici anni vive a New York, dove inoltre gestisce un locale a Brooklyn con musica dal vivo.

Ci racconteresti come hai percepito l’inizio della pandemia?
Seguendo quanto accadeva in Italia ed essendo in contatto con i miei parenti e amici italiani ero più informata della gente di qui, che seguiva la vicenda da lontano attraverso i media. Dall’Italia mi raccontavano della situazione devastante e dei morti, e si preoccupavano per me essendo in contatto con tanta gente nel mio locale. Mi consigliavano di chiudere tutto immediatamente e affermavano che il presidente Trump non si rendeva conto di quanto stava per accadere negli Stati Uniti. O meglio di quanto già allora stava accadendo.

Quindi come hai reagito?
Già pochi giorni dopo San Valentino osservando i numeri in Italia giunsi alla conclusione che chiudendo il prima possibile avremo potuto salvare delle vite. Ma la linea generale è stata: siamo un paese capitalista, e non si chiude fino a quando non ce l’ordineranno. Per cui a fine febbraio andavo a lavorare con i brividi, visto che il nostro locale è piccolo e sempre pieno: alla fine abbiamo chiuso venerdì 13 marzo, tre giorni prima che arrivasse l’ordine totale di chiusura.

Nel frattempo i casi sono saliti vertiginosamente. D’altronde New York significa il centro dell’epidemia non solo nazionale ma globale, visto che siamo il centro del mondo, una città molto popolosa dove tantissime culture vivono l’una accanto all’altra.

Si tratta di scarso senso civico?
Non proprio, in realtà qui non c’è un vero e proprio lockdown. A lungo è stato un po’ tutto facoltativo: mascherina, isolamento… Nel senso: si consiglia di stare a casa ma non c’è la polizia in giro a controllare che ciò avvenga. Ci si sposta tranquillamente e non c’è quindi lo svuotamento delle strade come si vede in Europa. L’uso delle mascherine è stato reso obbligatorio solo pochi giorni fa ma c’è ancora chi non la mette, e dalla mia finestra pare perfino di vedere più gente per strada negli ultimissimi giorni…

Gli USA saranno anche un paese capitalista ma hanno un’alta percentuale di poveri e non ha una sanità pubblica…
Infatti la nostra sanità è il motivo per cui sarebbe meglio vivere in Europa: la mia assicurazione mi copre poco e male al punto gli esami del sangue li pagherei molto cari. Questo, così come l’alto tasso di disoccupazione e povertà è il grande paradosso di questo paese. Un paese comunque ricco a sufficienza da potersi rialzare dopo le crisi, lo ha già dimostrato in passato.

Ma in generale la politica e la comunità scientifica cosa pensa?
Il dottor Anthony Fauci [l’immunologo a capo della task force governativa per fronteggiare l’epidemia] è sulla CNN tutti i giorni, ma è stato è stato temporaneamente licenziato dal presidente Trump per averlo accusato di aver preso sottogamba il problema nonostante fosse lampante cosa stesse accadendo in Italia e Cina. L’opposizione è in totale disaccordo con il presidente, ed anche tante amministrazioni locali: il nostro sindaco De Blasio in particolare è stato il primo ad ordinare la chiusura delle scuole, è molto impegnato nel far rispettare le norme e vedrebbe con preoccupazione una riapertura.

Negli ospedali invece come va?
Ogni giorno la CNN intervista dei medici che sono riusciti a fare delle riprese all’interno delle corsie di ospedale. Si vedono malati perfino nei corridoi e negli uffici, e addirittura morti accatastati uno sopra l’altro perché non c’è più spazio… Ci sono medici di sessanta-settant’anni che dicono di non aver mai visto niente del genere.

Verrebbe da dire una situazione da terzo mondo…
Gli ospedali non erano attrezzati e gli ordini non sono stati inviati con congruo anticipo in quanto la presidenza non pensava che saremo arrivati ai livelli italiani o cinesi. Una gestione terribile; fortunatamente almeno a livello locale ci sono politici e medici brillanti che litigano quotidianamente con Trump per la sua scarsa lungimiranza. Ma lui è focalizzato a riaprire. Fauci giustamente ha detto: non siamo noi a stabilire quando si riapre, ma il virus.

A livello professionale come stai vivendo questa emergenza?
Io perlomeno ho l’entrata del locale anche se verosimilmente non riapriremo prima di luglio-agosto. Potrò accedere a dei fondi destinati alle piccole imprese ma dovrò tenerli per coprire i costi di chiusura del locale, non certo per le mie spese personali. Chi invece vive esclusivamente di concerti sa che non ne farà più per un anno: una situazione pesantissima, credo comunque che presto i sussidi di disoccupazione verranno estesi a tutti, quindi anche a noi.
Tanti musicisti stanno reagendo facendo delle esibizioni in diretta su internet; io invece ho deciso di non farne in quanto credo che questo sia il momento buono per spegnere i riflettori e riflettere. Do quindi ragione a Nick Cave: questo è un buon momento per stare in silenzio, meditare, magari fare una telefonata a chi non si sente da tanto tempo, pensare a come rimettersi in gioco.

Una situazione molto simile a quanto sta avvenendo in Italia… tutto il mondo è paese, insomma.
Certo. Perlomeno il “buono” di questa sventura è che non si tratta della solita tragedia in cui i paesi ricchi vincono sui poveri, ma è una tragedia che ci sta colpendo globalmente. Siamo tutti, veramente, nella stessa barca.

L’Azione, domenica 3 maggio 2020