Un’Italia (che potrebbe essere) da Oscar

Che robe. Un bel po’ di anni fa, a causa dell’amicizia tra mio padre e suo padre, ci ho passato una vacanza insieme a Firenze. Sono passati ventun’anni (aaargh!) e oggi Diego, cervello in fuga da Prata di Pordenone, abita a Vancouver e ad Hollywood è considerato uno dei talenti emergenti nel campo effetti speciali: un pezzo dell’Oscar 2013 a “Vita di Pi” è suo.

Meanwhile, in Italy, un giovane su tre è disoccupato. L’Italia è e rimarrà anche dopo le elezioni un paese per vecchi (e la colpa non è certo solo dei vecchi) con un Presidente del Consiglio che nella migliore delle ipotesi avrà 61 anni. E dove Diego, al massimo, avrebbe potuto aspirare a fare il direttore della fotografia de “Un posto al sole”.

Speriamo che se lo ricordino coloro i quali da domani si ritroveranno a governare questo paese.

Eppure nel nostro paese le cose non sono andate sempre così. E per trovare un’Italia moderna, che valorizzava e teneva ben stretta i suoi talenti non serve tornare indietro alla Firenze rinascimentale o alla Roma barocca: basta indietreggiare di 50-55 anni.

Cos’è successo, nel frattempo?

Un albero per ogni nato. Dove sta la novità?

E così, tra un Papa che si dimette, un Mengoni che vince e una campagna elettorale che perde (colpi), succede anche che il Senato uscente approvi una legge che obbliga le amministrazioni comunali a piantare un albero per ogni bambino nato.

Che bello, no?

Eppure io quanto ho sentito questa notizia non ho potuto fare altro che ricordare che una storia del genere l’avevo già sentita quand’ero piccolino. E sono quasi certo che nel Comune dove risiedevo all’epoca furono effettivamente piantati degli alberi per rispettare questa legge.

Sì sa che gli italiani hanno la memoria corta, ed anch’io per evitare di aver preso un abbaglio ho fatto una ricerchina su Google scoprendo che effettivamente a gennaio 1992 l’allora governo Andreotti promulgò una legge che, appunto, obbligava le amministrazioni comunali a piantare un albero per ogni nato e addirittura a registrare nel certificato di nascita di ogni bambino il luogo in cui si trovava il corrispettivo albero.

Ma allora, la legge nuova a cosa serve?

All’articolo 2 dice, testualmente, “Al fine di assicurare l’effettivo rispetto dell’obbligo, per il comune di residenza, di porre a dimora un albero per ogni neonato, alla legge 29 gennaio 1992 sono apportate le seguenti modificazioni”.

Detto in altre parole, la legge nuova serve a far rispettare quella vecchia, cosa che evidentemente fino ad ora è stata fatta sono da poche amministrazioni virtuose. Molto italiano, no?
In fondo pure il mio sindaco, da me interrogato sulla questione durante un incontro pubblico qualche anno fa, dimostrò di non essere a conoscenza dell’esistenza di questa legge. Ma non lo si può certo biasimare per questo, visto che probabilmente la maggioranza dei sindaci italiani non la conoscono, o non la conoscevano fino a pochi giorni fa.

Ma in cosa consistono le modifiche alla legge del 1992? Da una parte obbliga i Comuni a piantare un albero non solo per ogni bambino nato ma anche per ogni bambino adottato. Tutto questo però non entro dodici mesi ma entro sei, i quali però possono diventare di più in caso di “avversità stagionali o per gravi ragioni di ordine tecnico”. Visto che nel calderone delle “gravi ragioni” ci si potrà infilare di tutto, è come dire che i sei mesi diventeranno nella maggior parte dei casi ancora dodici se non di più, e che quest’ultima modifica è solo un’inutile complicanza, che oltretutto potrà essere usata da qualcuno come scusa per ritardare a oltranza le piantumazioni.
L’altra modifica sostanziale riguarda il fatto che d’ora in poi non saranno più tutti i Comuni obbligati ad effettuare queste piantumazioni, ma solo quelli con più di quindicimila abitanti.

Tirando le somme: il Governo fa una legge, non la rispetta quasi nessuno, dunque il Governo “ammorbidisce” la legge.

Come ecologisti quindi non c’è molto da esultare, perché siamo di fronte ad un passo indietro compiuto per salvare una legge che di fatto ha fallito nel suo intento.