Viva la sanità pubblica

A inizio settembre ho terminato una sorta di lunga e privata puntatona di House in cui il protagonista, cioè il paziente, ero io.
La grossa differenza è che non mi trovavo in un ospedale privato americano, ma a Ca’ Foncello, Treviso, e che quanto mi è successo, banalmente, è tutto vero.
Non scrivo questo post per aggiornarvi sulle mie condizioni di salute; per quello, se volete, c’è la vita reale. Voglio piuttosto approfittare di quanto mi è accaduto per sottoporvi una riflessione.
In ospedale non ho incontrato né il dr. House né la Cuddy, ma in compenso ho avuto a che fare con tanti medici, infermieri e operatori socio-sanitari che si sono rivelati ineccepibili sia da un punto di vista professionale che da un punto di vista umano.
Certo non tutto quello che ho visto in quei giorni mi è piaciuto, ma sarebbe quantomeno ingeneroso da parte mia muovere qualsiasi critica, vista la qualità davvero eccellente del servizio.
Qualcuno magari starà pensando: ti è andata bene. Può essere; quello che però vorrei rispondere è che avete letto notizie acchiappa-click di degenti con le formiche addosso, liste di attesa lunghe per gli esami o dipendenti che timbrano il cartellino e vanno a fare shopping, significa che c’è una burocrazia da snellire, un sistema da migliorare, delle singole persone da punire severamente: non significa certo che la sanità italiana faccia schifo.
Ci tengo a sostenere questo perché a volte mi capita di sentire qualche personaggio politico affermare che la soluzione ai mali della sanità italiana andrebbe cercata oltreoceano.
No.
Assolutamente no.

In un paese come il nostro che si avvia verso un inverno demografico senza precedenti e che peraltro non se ne preoccupa, il tema della salute sarà sempre più preponderante nell’agenda politica dei prossimi governi. Pensare però di adottare in un modo o nell’altro il modello statunitense si tramuterebbe in una scelta disastrosa, perché dividerebbe la popolazione in cittadini di serie A che possono permettersi di curarsi, cittadini di serie B che si arrangiano in qualche modo, e infine cittadini di serie C ai quali non resterebbe altro che crepare.
Una catastrofe sociale, e anche etica, di cui veramente non avremmo bisogno.
A noi cittadini spetta quindi il compito di difendere con le unghie e con i denti la sanità pubblica, questa sanità pubblica, da chiunque vorrebbe invece avventurarsi in altre esperienze magari allettanti alla vista ma sicuramente fallimentari nei risultati.
Viva la sanità italiana, pubblica e gratuita.