“Dune: parte 2” al memoriale Brion

In un mondo in cui la piaga della finanziarizzazione dell’economia si aggrava inesorabilmente, è doveroso ricordare le scelte controcorrente di una coppia di imprenditori trevigiani i quali ebbero sempre a cuore la ricaduta sociale della propria ricchezza non solo in vita ma anche, è proprio il caso di dirlo, dopo la morte. Stiamo parlando di Giuseppe Brion e Onorina Tomasin, fondatori della Brionvega, azienda di elettrodomestici di design i cui prodotti più iconici, come l’Algol o il Radio Cubo, oltre ad essere diventati simboli dell’Italia del boom economico sono oggi esposti in vari musei di arte contemporanea nel mondo e studiati all’università.

La loro tomba presso il cimitero di San Vito di Altivole, pur essendo visitata da decine di migliaia di appassionati da tutto il mondo, è ancora tutto sommato semisconosciuta ai più: la situazione è però destinata a cambiare in questi giorni con l’uscita di “Dune: parte II” di Denis Villeneuve, uno dei film di fantascienza più attesi del momento il quale, contenendo alcune scene girate proprio all’interno del complesso, gli regalerà una visibilità senza precedenti. La pellicola è tratta da un romanzo di fantascienza del 1965 che affronta un tema assai attuale, ovvero la prevaricazione dell’economia sulla politica; dal libro fu tratto un film già nel 1984, prodotto da Dino De Laurentiis e diretto da David Lynch.

Hollywood è arrivata a San Vito grazie allo scenografo di Villeneuve, un ammiratore di Scarpa che a lui si è ispirato per le ambientazioni dell’intero film. Le riprese sono state effettuate a luglio 2022: pochi giorni prima, per volontà degli eredi, la gestione del complesso era passata al Fondo Ambiente Italiano.

Il cosiddetto “memoriale Brion” si presterebbe bene non solo ad una riflessione sulla dottrina sociale della Chiesa, ma anche ad una vera e propria catechesi sulla vita sponsale e sulla morte essendo pregno di una spiritualità quasi medievale, nonostante il suo aspetto modernissimo.

Fortemente voluto da Onorina Tomasin alla morte del marito, avvenuta nel 1969, fu realizzato negli otto anni successivi da Carlo Scarpa, architetto veneziano a cui tra l’altro è dedicata una mostra di creazioni in vetro visitabile a Oderzo fino al 17 marzo. Egli, forse non per caso, in precedenza aveva già lavorato per due lungimiranti imprenditori cattolici come Enrico Mattei (per la chiesa del villaggio ENI in Cadore) e Adriano Olivetti (per il negozio Olivetti a Venezia), ed è significativo sottolineare come, pur avendo lavorato soprattutto in Veneto, pur non essendo laureato e pure poco incline all’autopromozione, Scarpa divenne già in vita uno degli architetti più apprezzati al mondo. Potendo letteralmente non badare a spese, per questa committenza poté esprimere al meglio la sua maestria realizzando il suo testamento artistico: non a caso alla sua morte, nel 1978, si fece tumulare all’esterno del memoriale.

A qualche chilometro di distanza, ovvero a Casella d’Asolo, la Brionvega ebbe uno stabilimento tra il 1965 e il 1985, quando venne chiuso per la crisi che aveva investito il settore: chi ci lavorò, oggi racconta di un luogo di lavoro sano ed esteticamente bello, dove stipendi e servizi aziendali erano superiori alla media, un po’ come avvenne in precedenza alla Olivetti e avverrà in seguito alla Luxottica. Se, come dice la dottrina sociale della Chiesa, “la singola persona non può operare a prescindere dagli effetti dell’uso delle proprie risorse, ma deve agire in modo da perseguire, oltre che il vantaggio personale e familiare, anche il bene comune”, si può di certo affermare che i coniugi Brion abbiano adottato questo modus operandi fino alla fine, concludendo la loro esistenza terrena regalando al mondo un’opera d’arte dentro alla quale chiunque può trovare un momento di pace, di riflessione, di spiritualità.

Due passi nel memoriale

Il visitatore, dopo aver oltrepassato il propileo d’entrata, si trova davanti un’apertura formata da due cerchi intrecciati azzurro e rosa, simbolo delle fedi nuziali. Girando a sinistra raggiunge i sarcofagi degli sposi, sormontati da un arcosolio come nelle sepolture paleocristiane: essi sono vicini e inclinati quasi a toccarsi ma distaccati, a ricordare il “finché morte non vi separi” delle promesse matrimoniali.

Dopo aver visitato le altre sepolture di famiglia, egli è invitato a tornare sui suoi passi seguendo le viuzze del complesso, strette e serpeggianti come le calli di Venezia, per raggiungere il padiglione della meditazione: un baldacchino di ferro circondato da un laghetto con le ninfee in stile giapponese, pensato per celare la vista dei dintorni ad una persona in piedi. L’invito è quindi a sedersi e concedersi del tempo per elaborare il lutto e riflettere sul senso della vita.

Altro importante edificio del memoriale è la cappella: di pianta quadrata, e circondata anch’essa dall’acqua, mostra all’entrata un grande arco a forma di omega, lettera finale dell’alfabeto greco. In questo luogo, come nel resto, convivono armoniosamente elementi esotici, come il tetto che ricorda le piramidi a gradoni, e cristiani, come la croce astile pendente dal soffitto, a rappresentare la storia della Salvezza dall’ebraismo (in basso) al cattolicesimo (in alto).

Dopo la pausa invernale, il memoriale Brion ha riaperto il 23 febbraio; le visite, dal mercoledì alla domenica, sono gratuite ma, per apprezzarne appieno la ricca simbologia, si consiglia la visita guidata, prenotabile visitando il sito internet del FAI.

Versione integrale dell’articolo pubblicato da L’Azione e La Vita del Popolo, domenica 3 marzo 2024

Presentazione del libro “Gesù, il figlio del falegname”

La ricerca sul Gesù storico è una disciplina che mira a ricostruire la figura di Gesù analizzando i testi, cristiani e non, che lo riguardano, seguendo i criteri della moderna analisi critica e storica: una ricerca iniziata alla fine del Settecento e portata avanti inizialmente soprattutto da filosofi illuministi che, in quanto tali, non avevano le competenze e l’obbiettività necessaria per condurla; essi, quindi, hanno sposato tesi che nei decenni seguenti sono state del tutto rigettate da indagini più rigorose.
A distanza di due secoli, se da un lato ancora c’è chi si approccia alla materia in modo dilettantesco, e cercando la polemica o lo scandalo piuttosto che la verità, dall’altro da tempo si è sviluppata una corposa letteratura grazie agli studi di autori competenti i quali tuttavia non sono noti al grande pubblico.
Uno di loro ha provato a colmare questa lacuna pubblicando Gesù, il figlio del falegname per le edizioni Messaggero di Padova: un testo di agevole lettura che può essere un punto di partenza per il lettore che vuole approfondire l’argomento.

L’autore, Renato De Zan, è un presbitero della diocesi di Concordia-Pordenone; dottore in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico in Roma, ha insegnato all’Istituto di Liturgia Pastorale di S. Giustina a Padova, al Pontificio Istituto Liturgico di S. Anselmo di Roma e alla Pontificia Università Gregoriana; ha partecipato alla traduzione ufficiale CEI della Bibbia del 2008 e a quella del Messale italiano del 2020.

Sarà a Oderzo venerdì 20 gennaio 2023 alle 20.30, presso la sala del Campanile. L’evento è organizzato da Caritas opitergina.

“The Chosen”, un’originale vita di Gesù

Era la vigilia di Natale del 2017 quando Dallas Jenkins, un regista evangelico statunitense, pubblicò su internet un cortometraggio che raccontava l’immaginaria visita di un pastore alla capanna di Betlemme. La sua idea era di produrre una serie TV di sette stagioni sulla vita di Cristo, non con i soldi (e le pressioni) di Hollywood, ma tramite crowdfunding: si tratta di un sistema, usato in genere da artisti di nicchia, per cui chiunque può finanziare con pochi euro la realizzazione di un album o di una pellicola in cambio di una ricompensa proporzionale a quanto ha donato.

In questo modo nel 2019 ha potuto debuttare la prima stagione di The Chosen, ovvero “Il prescelto”, e ad oggi la somma raccolta dalla produzione grazie alle donazioni dei telespettatori è vicina ai trenta milioni di dollari, la più alta di sempre raggiunta in questo modo da una serie TV.

The Chosen,per vari motivi, ha poco da spartire con le più famose riduzioni cinematografiche della vita di Cristo; la serie racconta numerosi episodi narrati nei vangeli incrociandoli con dei gustosi retroscena ed altri avvenimenti i quali, pur essendo frutto della fantasia degli sceneggiatori, sono pensati tenendo sempre a mente il messaggio evangelico: un esempio è il primo, immaginario, incontro tra Gesù e Maria di Magdala dell’episodio 1 che, forse non a caso, sembra richiamare l’incontro tra i due nel giardino del sepolcro la mattina di Pasqua.

Altra scelta significativa della produzione è quella di mettere in primo piano gli “attori non protagonisti” della storia: la Maddalena, gli apostoli, Nicodemo, la Samaritana al pozzo vengono ritratti nella loro umanità, mostrandone i limiti caratteriali, le ingenuità, l’entusiasmo e le aspettative nei confronti di questo Maestro speciale del quale faticano a capirne il pensiero e gli obbiettivi. Una scelta che di certo può aiutare lo spettatore ad identificarsi con loro, coerentemente con l’obbiettivo del regista di evangelizzare con un prodotto che possa appassionare il pubblico delle principali piattaforme di streaming cinematografico. I numeri gli stanno dando ragione: i venti episodi pubblicati finora hanno avuto 450 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo ed un voto medio di 9,3/10 secondo gli utenti di IMDb, il più noto sito internet di cinema.

The Chosen, come qualsiasi opera biografica, risente inevitabilmente della cultura di chi l’ha prodotta: in alcuni dettagli, e nello stile in cui viene promossa, si percepisce un modo di intendere il cristianesimo tipicamente statunitense. Ma per il resto rimane un progetto di valore anche ecumenico, essendo pensato da un gruppo di persone di varie confessioni cristiane: l’esempio più lampante è Jonathan Roumie, l’attore che interpreta Gesù, un ortodosso convertitosi al cattolicesimo in età adulta.

Un secolo fa, in parrocchia a Canale d’Agordo, il piccolo Albino Luciani guardava le diapositive a tema religioso: il suo parroco aveva un modo di catechizzare innovativo per l’epoca. Oggi, nell’epoca delle grandi serie TV, come si può fare a diffondere i contenuti del Vangelo? Semplice: con una grande serie TV su Gesù. Capiremo se The Chosen lo è solo a progetto concluso, ma nel frattempo il lettore può farsi un’idea propria guardando le prime due stagioni, più l’episodio del pastore ed uno speciale sulla Natività, collegandosi al sito internet www.angel.com o scaricando l’app “The Chosen – Angel Studios” nel proprio smartphone. La prima stagione da pochi giorni è disponibile anche su Netflix: l’unica, finora, doppiata in italiano (per la seconda ci sono i sottotitoli). La terza, in corso di pubblicazione, contiene l’episodio sulla moltiplicazione dei pani e dei pesci, al quale hanno partecipato come comparse dodicimila finanziatori della serie.

L’Azione, domenica 25 dicembre 2022

Giovani, profeti di cambiamento

Era il 1° maggio 2019 quando papa Francesco scrisse una lettera aperta ai giovani economisti, imprenditori ed attivisti di tutto il mondo invitandoli ad incontrarsi, a marzo 2020, per siglare un patto per cambiare l’economia. La città scelta per l’incontro fu Assisi, patria di quel san Francesco il quale, per aver scelto di sposare “Madonna Povertà” diede vita ad un ordine capace, tra l’altro, di regalare al mondo la prima scienza economica. Una scienza la cui visione può dare speranza al domani e far uscire il mondo dell’economia dall’involuzione che, in nome del profitto, lo caratterizza da ormai quarant’anni.

L’evento, denominato The Economy of Francesco, venne giocoforza rinviato più volte a causa della pandemia e fissato infine al 22-24 settembre scorso: in questi due anni e mezzo tuttavia gli organizzatori, e chi ha risposto alla chiamata del papa, non sono stati con le mani in mano organizzando due grandi eventi in videoconferenza e formando i “villaggi”, ovvero dodici gruppi di lavoro virtuali caratterizzati da altrettante tematiche in cui i partecipanti si sono divisi in base alle proprie competenze.

Il raduno appena terminato è servito ai villaggi per produrre una dichiarazione di intenti da consegnare al papa, e soprattutto ha consentito ad un migliaio di persone, circa un terzo di tutti quelli che hanno partecipato al progetto dal 2020 ad oggi, di incontrarsi per la prima volta di persona saldando legami nati davanti ad uno schermo. Tra i partecipanti anche tre nostri diocesani: i coneglianesi Tommaso Cuzzolin e Francesco Polo, e l’autore di questo articolo.

L’evento è terminato sabato mattina al teatro Lyrick di Santa Maria degli Angeli, quando papa Francesco ha potuto finalmente mantenere la promessa fatta in quel “lontano” maggio 2019: in questa occasione tutti hanno conosciuto le storie di alcuni partecipanti tra cui Lilly Ralyn Satidtanasarn, ambientalista thailandese che a quindici anni è riuscita a far bandire i sacchetti di plastica monouso da una grande catena di supermercati e Maryam, attivista per i diritti delle donne afghana riuscita ad espatriare grazie alla mobilitazione degli amici italiani.

L’intervento di papa Francesco ha avuto i toni di un vero e proprio manifesto politico, che per questo merita di essere ascoltato integralmente (si trova facilmente su internet). Ha esordito ricordando che un’economia profetica mette in discussione i modelli di sviluppo: lo fa subito, perché “la situazione è tale che non possiamo aspettare il prossimo summit internazionale”, e in modo nuovo, perché non se ne esce rimanendo dentro ai paradigmi del Novecento. Francesco suggerisce di lasciarsi ispirare dalla mitezza delle piante, che cooperano per il bene dell’ecosistema anche quando sono in competizione. Occorre quindi accettare il principio etico universale che “i danni vanno riparati”, e che occorre abbandonare stili di vita insostenibili per il pianeta.

La sostenibilità, però, è una realtà a tre dimensioni: oltre a quella sociale c’è un’insostenibilità relazionale dovuta alla fragilità delle comunità e delle famiglie; il consumismo spinge a riempire il vuoto dei rapporti con l’acquisto di merci, generando una carestia di felicità. La terza insostenibilità è quella spirituale, in quanto l’uomo prima di tutto è un cercatore di senso: “Il primo capitale di ogni società è quello spirituale: è quello che ci dà le ragioni per alzarci ogni giorno e andare al lavoro, e genera quella gioia di vivere necessaria anche all’economia”. Il mondo sta consumando questo capitale accumulato per secoli dalle fedi: i giovani soffrono per questa mancanza di senso, rimanendo senza strumenti per elaborare lutti, fallimenti, frustrazioni.

Un’economia che si ispira a san Francesco non può che mettere al centro la povertà: non si può infatti combattere la miseria senza amare la povertà. Il papa ha quindi lasciato a tutti tre indicazioni: guardare il mondo con gli occhi dei più poveri, perché è così che i francescani nel Duecento hanno inventato i monti di pietà, ovvero le prime banche solidali; non dimenticarsi dei lavoratori, perché non si diventa adulti senza un lavoro degno e ben remunerato; cercare l’incarnazione, ovvero tradurre gli ideali in opere concrete, perché il mondo si cambia non solo se si usa la testa e il cuore, ma anche le mani.

The Economy of Francesco è un’iniziativa laica, nel senso più nobile del termine, ma fortemente carica di spiritualità: non è una frase fatta affermare che le nuove generazioni vi partecipano da protagoniste visto che gli organizzatori, tra i quali svettano alcune vecchie conoscenze delle nostre settimane sociali (Luigino Bruni, suor Alessandra Smerilli, Stefano Zamagni, Leonardo Becchetti) in questi giorni se ne sono stati in disparte. I giovani vi hanno aderito “rispondendo ad una chiamata” e mettendo a disposizione a proprie spese talenti, entusiasmo e fede: fede in un qualcosa che risiede fra il “già”, perché sta già dando risultati concreti, e il “non ancora”, perché è parte di un processo di trasformazione che sarà inevitabilmente lungo e faticoso ma altrettanto necessario per far nascere un’economia la quale, come afferma il patto firmato da papa Francesco, metta al centro la dignità dell’uomo e la custodia del creato, sia aperta alla trascendenza, rispetti le tradizioni, ed non generi solo benessere, ma anche gioia: “Noi in questa economia crediamo. Non è un’utopia, perché la stiamo già costruendo. E alcuni di noi, in mattine particolarmente luminose, hanno già intravisto l’inizio della terra promessa”.

L’Azione, domenica 2 ottobre 2022

Novembre dantesco

Cosa c’entra “La danza” di Henry Matisse con la Divina Commedia?

Per scoprirlo, appuntamento alla sala del Campanile di Oderzo il prossimo 10 novembre alle 20.45 per il primo dei tre incontri del Novembre Dantesco, iniziativa organizzata dalla parrocchia di san Giovanni Battista di Oderzo, in collaborazione con Caritas opitergina, nel settecentenario della morte di Dante Alighieri.

Il relatore delle prime due serate sarà padre Gabriele Cavelli, padre carmelitano scalzo di Treviso e docente di materie letterarie presso l’ISISS – liceo linguistico statale “Giuseppe Verdi” di Valdobbiadene.

La prima serata sarà un’introduzione alla lettura della Comedia: essa vorrebbe mettere in luce la modernità del testo e mostrare come esso, e in particolare il primo canto dell’Inferno, faccia riferimento alla vita concreta di tutti.

Nella serata di mercoledì 24 novembre verranno invece presi in esame alcuni passi del poema dei quali sarà data una lettura diversa da quella corrente: una lettura che potremo definirla “politicamente scorretta”, ma di cui verrà data ampia motivazione, anche analizzando qual era la mentalità dell’autore e della sua epoca.

L’accesso ai due incontri sarà consentito unicamente ai possessori di certificazione verde; è caldamente raccomandata la prenotazione compilando il modulo al link https://bit.ly/danteoderzo.

Il terzo ed ultimo appuntamento dell’iniziativa avrà un tono decisamente diverso: sabato 27 novembre in duomo si terrà la rappresentazione dantesca “Il canto gregoriano nella Comedia”. Si tratta di un progetto unico in Italia, che ha ottenuto il riconoscimento dal Comitato “Dante 2021” del Mibact, il quale mostra la simbiosi tra il testo dantesco e il canto gregoriano. Frutto di una ricerca estetica e musicale effettuata da Renzo Toffoli, direttore della Schola Gregoriana “Aurea Luce” di Ponte di Piave e Salgareda, la rappresentazione mostra come l’analisi dei diciotto canti gregoriani citati da Dante, in particolare nel Purgatorio, è basilare per la piena comprensione dell’opera letteraria.

L’interpretazione dei canti sarà intervallata dalla recitazione di alcuni passi del poema, rigorosamente a memoria, da parte del professor Mario Ballotta: tra questi il celeberrimo incipit dell’Inferno, i già citati passi a tema gregoriano, e l’altrettanto celebre orazione di san Bernardo di Chiaravalle che conclude il viaggio in Paradiso del poeta fiorentino.

  • Incontro con Dante, incontro con il Padre
    Mercoledì 10 novembre 2021, ore 20.45, sala del Campanile
    Campiello del Duomo 1, Oderzo
  • Matto è chi spera
    Mercoledì 24 novembre 2021, ore 20.45, sala del Campanile
  • Il canto gregoriano nella “Comedia”
    Sabato 27 novembre 2021, ore 20.45, duomo di san Giovanni Battista
    Piazza Grande, Oderzo

Evento Facebook (per eventuali info dell’ultimo minuto): https://www.facebook.com/events/441061284020871
Modulo di prenotazione per le prime due serate: https://bit.ly/danteoderzo

The Economy of Francesco

Lo scorso gennaio, su iniziativa del centro culturale Humanitas, il professor Stefano Zamagni venne al Toniolo a Conegliano per una serata sul tema dell’economia civile: nell’occasione disse che ormai da mesi circa duemila giovani economisti e imprenditori di tutto il mondo si stavano incontrando, dal vivo o da remoto, per discutere di nuovi modelli di economia basati su valori francescani: tutto questo su invito di papa Francesco, il quale avrebbe poi incontrato questi giovani a fine marzo ad Assisi per The Economy of Francesco, un fitto fine settimana dove i partecipanti si sarebbero prima confrontati con noti attivisti, economisti, filosofi e docenti universitari di tante provenienze sensibili a questi temi.

All’epoca nessuno in Italia sapeva che già stava girando il virus di quella nuova influenza che da lì a poco sarebbe entrata a gamba tesa sulle vite di gran parte della popolazione mondiale, costringendo gli organizzatori del convegno prima a rinviarlo di otto mesi e poi, visto il perdurare dell’emergenza, a trasformarlo in un grande evento online al termine di un cammino di preparazione più lungo del previsto.

Il “Francesco” del titolo dell’evento è ovviamente il Poverello di Assisi il quale, dopo aver intrapreso il cammino verso la santità, non perse la mentalità imprenditoriale che lo caratterizzava prima della conversione, passando però da una logica della donazione a una logica del dono: questo gli permise di creare un modello economico basato sulla gratuità che verrà ulteriormente sviluppato dopo la sua morte da grandi francescani come san Bonaventura da Bagnoregio, precursore del concetto di sussidiarietà, e il beato Bernardino da Feltre, inventore di quei monti di pietà che tanta gente salvarono dalle catene dell’usura.

L’apporto del Francescanesimo alla storia dell’economia è decisamente sottovalutato; i duemila partecipanti al convegno, tutti di età massima 35 anni, cercheranno di fare tesoro di tutto questo e di contribuire ad un grande cambiamento globale che, a causa della pandemia in corso, abbiamo scoperto essere quanto mai urgente e necessario.

Tra i relatori del convegno più noti ci sono il bengalese Muhammad Yunus, premio Nobel per la Pace 2006; l’attivista indiana Vandana Shiva, il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, il saggista americano Jeffrey Sachs; a dirigere il tutto sarà Luigino Bruni, economista docente alla LUMSA di Roma nonché biblista e firma del quotidiano Avvenire.

Gli appuntamenti si terranno nei pomeriggi del 19, 20 e 21 novembre e sarà possibile seguirli comodamente da casa, in diretta o in differita, visitando il sito internet francescoeconomy.org/it o le pagine dell’evento presenti sui principali social network. Si prevede la copertura dell’evento anche da parte dell’emittente TV2000.

L’Azione, domenica 22 novembre 2020

Una tesi su Wojtyla diventa libro

Foto di Martina Tommasi

La seconda edizione de “Viaggio nel Sacro tra Piave e Livenza” inizierà nella serata del 26 settembre in duomo a Oderzo con la presentazione dell’opera prima di una venticinquenne di Mansué, Arianna Tomasi.
Dalla cortina di ferro alla rivoluzione Wojtyla è la sintesi della sua tesi di laurea in Diplomazia e Cooperazione Internazionale, ottenuta presso l’ateneo di Gorizia. 

Come ti è venuto in mente di affrontare questo scorcio di storia della Chiesa da questo punto di vista?
Già durante la triennale avevo il desiderio di scrivere qualcosa sulla Santa Sede e le sue relazioni diplomatiche, anche perché non avrei le competenze di scrivere qualcosa di carattere teologico, ma solo a gennaio 2019 ho iniziato seriamente a studiare l’argomento.
All’epoca frequentavo la scuola della fede a Oderzo e sono venuta a sapere da don Giorgio Maschio, uno dei relatori, che padre Aldino Cazzago, un carmelitano, sarebbe venuto a fare una lezione su papa Giovanni Paolo II. In quell’occasione l’ho avvicinato e gentilmente mi ha dato consigli e suggerito fonti da consultare, tra cui vari testi scritti da lui e da altri (Luigi Geninazzi, Andrea Riccardi…). A settembre ho presentato il progetto al mio relatore Cesare Lamantia che l’ha accolto con entusiasmo: in meno di tre mesi ho scritto la tesi, e mi sono laureata con un inaspettato 110 e lode. 

In seconda di copertina c’è una dedica a Giuseppe Covre, autore della prefazione, dalla quale si intuisce che non pensavi di pubblicare la tesi.
No, e questa è la parte più umana di questa vicenda… Mia mamma lavora presso l’Eureka di Gorgo al Monticano. Covre [il proprietario, n.d.A.], da appassionato di storia, chiese a mia madre una copia della mia tesi. Dopo qualche giorno lo vede presentarsi in ufficio: erano settimane che mancava, per i suoi motivi di salute. Si siede davanti a lei e le dice che la tesi gli è piaciuta molto, che dovrebbe essere diffusa, e che se io fossi stata disposta a ridurre il numero di pagine mi avrebbe regalato la pubblicazione. Per poco non le veniva una sincope, e anche a me quando l’ha detto! 

E quindi?
Ci siamo incontrati a fine febbraio, già con le mascherine addosso, insieme a Gianni Sartori e l’avvocato Tommaseo Ponzetta: Il primo era l’editore e il secondo colui che avrebbe seguito i contenuti. Bepi ha fatto a tempo a vedere la bozza definitiva e la copertina, e si è raccomandato che il progetto andasse a termine. Dopo qualche giorno purtroppo è mancato, e da allora la moglie Oliva, e soprattutto Angela, la figlia minore, si sono prese in carico il progetto.
Dopo il lockdown abbiamo ripreso le fila del discorso e a fine luglio siamo andati in stampa. Buona parte dei ricavato delle vendite andrà in beneficienza, ad un ente che decideremo insieme: è il mio desiderio e sappiamo che è quel che voleva Bepi. 

Puoi darci maggiori dettagli sui contenuti del libro?
L’idea di base è che sono le persone a vivere e scrivere la storia: mi sono quindi chiesta quanto abbia contato politicamente la figura del Pontefice nella seconda metà del Novecento. Sono partita dal pontificato di Roncalli, il primo che ha avviato un dialogo col mondo comunista per salvaguardare la libertà religiosa dei cattolici. Si passa poi a un diplomatico nato come papa Paolo VI, analizzo figure importanti (i vescovi BeranMindszenty e Wyszyński) e il loro dialogo, fatto anche di contrasti, con la Santa Sede. Arrivo quindi all’elezione papale di Karol Wojtyla il quale nella sua prima omelia quando sprona ad “aprire i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici” mette subito in chiaro come sarebbe stato il suo pontificato, sul quale si concentra buona parte del libro. Le masse sono state alla base della rivoluzione del 1989: la seconda idea base del libro è che papa Giovanni Paolo II può essere considerato una rivoluzione non perché ha perseguito metodi rivoluzionari, ma perché di fronte alle delle ingiustizie evidenti ci può essere un cambiamento radicale senza imbracciare armi, ma semplicemente con la forza della diplomazia e la volontà degli esseri umani.

L’Azione, domenica 27 settembre 2020