La guerra nell’Opitergino-Mottense

In concomitanza, non casuale, con il centenario della fine della Grande Guerra, due studiosi di storia locale opitergina-mottense hanno dato alle stampe altrettanti volumi a tema storico-fotografico che, ognuno a suo modo, rappresentano un significativo contributo alla percezione che noi contemporanei possiamo avere di quegli anni drammatici e di come sono stati vissuti dalla popolazione locale.
Enrico Flora, volto noto dell’associazionismo a Motta di Livenza, ha realizzato una importante raccolta di fotografie scattate in città e nelle sue frazioni durante l’occupazione austriaca del 1917-1918: questo al termine di vent’anni di ricerche in archivi privati e non, tra i quali occorre citare quelli del Centro Documentazione Storica della Grande Guerra di San Polo di Piave, del Museo della Battaglia di Vittorio Veneto e dell’imprescindibile Kriegsarchiv di Vienna.
Flora ha scelto di lasciar “commentare” le immagini, molte dei quali inedite, ad una fonte assai nota in paese, ovvero il diario dell’occupazione realizzato in diretta da padre Lodovico Ciganotto, rettore della Basilica della Madonna dei Miracoli all’epoca dei fatti.
Queste due fonti, la scritta e la fotografica, intersecandosi tra loro dipingono un quadro vivo e drammatico di un anno tragicamente importante per la cittadina, particolarmente colpita dall’occupazione a causa della sua posizione di confine e per la relativa importanza del suo scalo ferroviario.

Diverso l’approccio di Cristian Patres, la cui opera nasce da un progetto fotografico omonimo presentato lo scorso luglio in località Palazzi di Gorgo al Monticano: lì dove sorge Villa Revedin, adibita un secolo fa a ospedale militare, inizia un vero e proprio percorso fotografico che si snoda lungo i due corsi d’acqua citati nel titolo: tutte le immagini sono spiegate dall’autore il quale, quando possibile, aiuta ulteriormente il lettore nella comprensione della foto stessa affiancandola ad una fotografia scattata al giorno d’oggi nello stesso punto e ad una terza foto sullo stesso tema. I percorsi di Patres non coincidono soltanto con percorsi fluviali, ma anche con i percorsi ferroviari che attraversavano all’epoca il triangolo Oderzo–Cessalto–Motta di Livenza: per questo motivo l’opera risulterà interessante soprattutto agli appassionati di storia militare, anche per l’apparato cartografico e lo studio dei movimenti delle truppe.

Enrico Flora
8 novembre 1917: “ci addormentammo italiani e ci svegliammo austriaci”
Editoriale Programma, Treviso 2018
226 pagine, euro 29

Cristian Patres
La Grande Guerra tra il Monticano e il Piavon
Autoprodotto, Quinto di Treviso 2018
116 pagine, euro 20

L’Azione, domenica 6 gennaio 2019

Serena Abrami: una musica che privilegia l’interiorità

Serena Abrami @inDipendenza Sonora... acustica, 25 febbraio 2018

Marchigiana, classe 1985, Serena Abrami canta e suona chitarra e pianoforte sin da piccola. A diciassette anni inizia a cimentarsi nella scrittura di brani inediti nella band Elfrida, nel 2009 partecipa al programma televisivo “X Factor” dove ha modo di conoscere e collaborare con Ivano Fossati e nel 2011 è tra le Giovani Proposte di Sanremo con il brano “Lontano da tutto”, scritto per lei da Niccolò Fabi. A fine febbraio, in Veneto per alcuni appuntamenti musicali, ha cantato all’Osteria dei Giusti di Camino di Oderzo, con il supporto organizzativo di Indipendenza Sonora. Insieme a Enrico Vitali, chitarrista del gruppo, Serena ha rilasciato un’intervista a Radio Palazzo Carli.
Chi è Serena Abrami?
«Una ragazza delle Marche. Sono molto legata al mio territorio e cerco di portare le mie radici marchigiane attraverso la mie canzoni. Vivo di musica fin da piccola: è il mio modo migliore per decodificare il mondo e per relazionarmi con esso. Mi viene più facile cantare piuttosto che parlare. Mi appartiene il canto».
Credo” è uno dei brani del tuo ultimo album, uscito nel 2016.
«Sì, attualmente le copie dell’album sono esaurite poiché le etichette indipendenti non stampano tantissime copie come anni fa, ma tutto il lavoro si trova sulle varie piattaforme musicali. Il testo della canzone è una poesia di Andrea Ragagnin, uno scrittore torinese con il quale abbiamo cominciato una collaborazione dal 2012»
In questa canzone c’è una dimensione interiore molto forte. Una preghiera laica?
«A me piace molto portare una certa dose di profondità e di spiritualità nelle mie canzoni: sono quelle sensazioni che provo quando ascolto la musica degli anni Novanta di alcuni gruppi, che evocavano una certa interiorità. Speriamo di andare in quella dimensione. La musica parla da cuore a cuore e se uno riesce a toccare certi temi e certe corde, in maniera trasversale, poi lascia qualcosa a chi lo ascolta».
Hai al tuo attivo diverse collaborazioni con cantautori italiani. Che cosa significano per te?
«Nel mio cammino queste collaborazioni sono dei ricordi bellissimi, ma anche una conferma dell’onestà intellettuale nella musica: questi cantautori mi testimoniano che è possibile andare avanti, restando fedeli a se stessi e facendo musica di qualità, anche se spesso la qualità non è indice di visibilità. Noi, come band, abbiamo scelto un percorso un po’ più lungo e tortuoso, ma le nostre canzoni sono fedeli a quello che io e la mia band siamo adesso».
Ivano Fossati ha scritto per te “Tutto da rifare”.
«Sì, certo. Si tratta di una canzone in cui Ivano si mette dalla parte della donna e ne assume il modo di vedere la relazione con il suo compagno. Anche Fossati mi ha insegnato, attraverso la sua esperienza, l’importanza della fedeltà a se stessi: ho visto in lui una grande umiltà e autenticità. Sono questi gli aspetti che vorrei avere e anche vorrei trasmettere attraverso la mia musica».
Di imperfezione” è il brano che dà il nome al tuo ultimo l’album. Che cosa vuol dire?
«Sì, l’album è costituito da undici tracce, cioè undici momenti, come delle fotografie, che sono più autentiche quando sono più imperfette: penso alle foto spontanee o in movimento. La vita infatti non è mai perfetta: l’imperfezione ci rende umani e lo sbaglio ci aiuta ad adottare nuovi punti di vista».
Come nasce una canzone?
«Mi piace quando il testo riesce ad essere di tutti, cioè quando non è descrittivo di qualcosa, così da prevalere sul resto. Il nostro approccio quindi è quello di partire dalla musica e poi trovare dei testi che si leghino alla musica. Insomma, noi scriviamo prima la musica, poi ci mettiamo il testo e facciamo in modo tale che i due siano in armonia. Ma se dobbiamo scegliere, facciamo prevalere l’aspetto musicale».
Progetti per il futuro?
«Più che solista, ora mi sento parte di un gruppo. Abbiamo già delle nuove canzoni (ben sette) che abbiamo composto nel giro di pochi mesi. Tra noi c’è molta sintonia e dobbiamo trovare il nome della band. La nostra musica sarà molto più rock, anche se restiamo legati alla melodia. L’importante per noi è girare, suonare e far sentire la nostra musica: non basta far musica e metterla su dei cd».

Alessio Magoga, L’Azione, domenica 18 marzo 2018

CJF Music Festival: dodici ore di musica… col contorno

Chi ha transitato di recente lungo la Cadore-Mare, tra Cimavilla [di Codognè] e Saccon [di San Vendemiano], non può non aver visto un enorme manifesto colorato coprire l’intera facciata di una vecchia casa contadina: è la pubblicità del CJF Music Festival, evento musicale di dodici ore che si terrà al campo sportivo di Codognè a partire dalle ore 15.30 di sabato 18 luglio. Un evento nato suppergiù sei anni fa a Cimetta come una festicciola privata di un gruppo di amici appena maggiorenni, e che lo scorso anno, alla terza edizione aperta al pubblico, ha totalizzato circa duemila partecipanti, grazie al passaparola ed ad un’attenta campagna promozionale. Abbiamo incontrato Alex Perin, responsabile dell’organizzazione di un evento che oggi conta su uno staff di una quarantina di giovani dai 20 ai 30 anni circa, quasi tutti residenti a Cosognè, aiutati da alcuni genitori e volontari provenienti dall’associazionismo o da realtà produttive locali.
L’anno scorso avete fatto duemila ingressi. Quest’anno puntate ad aumentare?
Certamente. Abbiamo coinvolto molte realtà e grossi partner commerciali come birra Castello, Expo Veneto, ASUS, e il circuito Radio Company, Radio80 Radio Valbelluna che ci darà una visibilità ancora maggiore.
Cosa deve aspettarsi una persona che verrà a Codognè sabato?
Io sono per l’effetto “wow”: una persona quando arriva ad una festa deve rimanere colpita dall’organizzazione, e da quel che trova, senza sapere altro. Il nostro punto forte è sicuramente il palco, imponente, che viene allestito da un service in gamba che sta crescendo con noi. A livello artistico aumentiamo in anno in anno, senza fare passi troppo lunghi, per cui al momento non abbiamo mai chiamato artisti di fama nazionale. I prossimi anni si vedrà; ora preferiamo valorizzare i gruppi del territorio.
Quindi si può dire che voi attirate il pubblico con il contorno, più che col piatto principale.
Esatto. Abbiamo una concezione del pomeriggio che è relax e divertimento in attesa del divertimento più sostanzioso della sera. Una concezione basata su un tema, che quest’anno è ripresto dall’Expo di Milano: “Esserci ti frutta”. Colori, frutta, divertimento, musica, giovani: questi i concetti che cerchiamo di portare avanti. Poi puntiamo molto sulla guida sicura: vogliamo far passare il messaggio che ci si può divertire “con testa”, per cui ci saranno dei cartelli a tema, metteremo a disposizione un’ambulanza che eseguirà alcoltest gratuiti, e faremo chiudere al traffico due strade adiacenti in modo da garantire la sicurezza da e verso i parcheggi. Inoltre, visto il tema, proporremo cocktail rinfrescanti a base di frutta non alcolici.
In che altri modi sarà coniugato questo tema?
Oltre che a livello di immagine, il tema verrà integrato sul palco, ma non spiego come perché sarà unasorpresa! Abbiamo poi coinvolto dei negozianti del paese che creeranno all’interno del festival una “zona frutta” con macedonie, fette di anguria e melone e frullati studiati in particolare per il pomeriggio.Poi grazie ad un’associazione di appassionati di frisbee veneziana distribuiremo dei vassoi a tema ogni tre consumazioni, con tre fori per i bicchieri, che dopo l’uso potranno essere usati, appunto, come frisbee. Saranno a tema anche i gadget promozionale e i palloni. Ci saranno varie sorprese.
E per quanto riguarda il lato musicale, chi suonerà?
Ci saranno i Rusty Rockers, gruppo reggae di Ceggia-Portogruaro, poi i Bouganville, un gruppo di artisti che si riunisce per situazioni speciali, e che trasmettono quell’allegria che si adatta al nostro festival. Poi ascolteremo Filippo Lazzer, un giovane cantante-chitarrista di Codognè con una gran voce, e due cover band, ovvero i Santa Barbara e l’Ostetrika Gamberini, il piatto forte della serata: una band di alto livello che abbiamo scelto poiché ha un’immagine che si sposa bene con la nostra. Infine ci saranno due DJ set da mezzanotte in poi.
Tocchiamo un tasto dolentissimo ovunque: i rapporti con il vicinato.
Noi avvisiamo tutte le famiglie dell’area con un bigliettino nella cassetta della posta. Le famiglie limitrofe inoltre le avvisiamo personalmente, cercando di far capire l’entità del festival e mettendole in guardia riguardo possibili disagi. Vediamo che le famiglie apprezzano che ci mettiamo la faccia.
Poi puntiamo molto a coinvolgere le aziende del territorio, creando delle partnership non necessariamente economiche, vista la crisi: vanno bene anche scambi reciproci di competenze e attrezzature, perché tanti sono più predisposti a far così. I risultati li vediamo dopo il festival, visti gli apprezzamenti di chi si è trovato bene e le proposte di chi vuole collaborare per il futuro. La soddisfazione più grande comunque è vedere tanta gente venire proprio per la concezione del festival, più che per il lato artistico. E per noi è importante fa passare questo messaggio: vado al CJF per il palco, il verde, il pomeriggio, il relax, la compagnia.

L’Azione, domenica 19 luglio 2015

First Lady

Barack e Michelle Obama stanno rincasando dopo una ricevimento di gala.

Barack: “Chi era quell’uomo con cui hai parlato mezz’ora?”

Michelle: “E’ stato il mio primo fidanzatino al liceo, oggi è un famoso dentista di Chicago”

Barack: “Pensa un po’, se avessi sposato lui oggi saresti la moglie di un famoso dentista di Chicago”

Michelle: “No, se avessi sposato lui oggi sarei la moglie del presidente degli Stati Uniti”.

Qui sopra: l’immagine più condivisa nella storia di Facebook e Twitter

Recensione de “Oderzo: la città a colori”

Potrebbe diventare sicuramente un regalo di Natale molto gettonato l’ultimo volume mandato in stampa dal libraio opitergino Bepi Barbarotto: Oderzo – La città a colori è un omaggio alla “città par scherzo” uscito dalla macchina fotografica di Giuseppe Rossi, noto medico condotto opitergino.
A coordinare l’edizione non poteva che essere un opitergino doc come Mario Bernardi, che ha curato i testi, selezionato e organizzato le foto del dottor Rossi suddividendole in capitoli in base alle stagioni dell’anno; trovano così spazio sia scatti tradizionali, o “da cartolina”, sia foto più inconsuete che ritraggono angoli della città di certo poco noti anche ai suoi stessi abitanti. C’è spazio, nel cuore del libro, anche per paesaggi agresti e immagini scattate nelle frazioni; nell’ultima parte trovano invece spazio una carrellata di immagini che ritraggono alcuni quadri di artisti opitergini, scorci del museo archeologico e della Pinacoteca Alberto Martini, con il significativo contributo del fotografo Pietro Casonato. In calce le traduzioni dei testi in inglese e tedesco.

Oderzo: la città a colori
Libreria Opitergina Editrice
178 pagine – 30 euro

da L’Azione, domenica 9 gennaio 2011