I cinesi ci fanno le scarpe


Gabriele Rizzioli: professione calzolaio. Da quattro anni aggiusta scarpe nel suo negozio di via Cesare Battisti a Oderzo. Un mestiere che, come tutti quelli che “riparano cose”, è in via d’estinzione.
«Sì, infatti qui in zona ci sono soltanto io».
Con la crisi uno pensa che la gente, con meno soldi in tasca, preferisce riparare quello che ha invece che comprarlo nuovo.
«E invece no. Ho fatto i conti che rispetto allo stesso trimestre del 2008, quest’anno le commissioni sono calate del 19%».
E questo come mai?
«Perché se una persona compra un paio di scarpe a 18 euro, non va a spenderne 20 per ripararle. Le compra nuove. Questo sono i prezzi delle calzature in plastica nelle grosse catene di negozi».
Quindi è chiaro che conviene riparare un paio di scarpe solo se è costoso.
«Ovvio. Chi ancora può permetterselo e compra scarpe in pelle o di marca poi viene a ripararle: per una scarpa da donna in media tacco e suola si cambiano con circa 20 euro. Un tacco a me di listino cosa 6 euro, e a quel prezzo i cinesi vendono un paio di scarpe. Che poi durano pochissimo, si buttano via e se ne comprano di nuove. Spesso la gente ragiona così: va dai cinesi, o ai magazzini, acquista un prodotto che è di qualità molto minore e che avrà breve vita».
Ha un consiglio da dare a chi compra scarpe?
«E’ difficile, perché i modelli sono tantissimi ormai: o uno se ne intende o deve fidarsi della commessa. E poi chi compra di solito va a gusto».
Tutto il mondo è paese quindi. Anche quello della calzatura: così come nel XXI secolo non vale la pena per vari motivi portare ad aggiustare un cellulare o una stampante, così vale anche per le scarpe: si comprano, si “consumano”, si gettano. Con un costo in termini ambientali che sarà sempre più insostenibile.

L’Azione, domenica 21 giugno 2009

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